Fumetto alto e fumetto basso
Fumetto alto e fumetto basso
Si dice che il cinema italiano degli anni 50 sessanta che tanto plauso ha raccolto in critica e premi, compreso qualche Oscar in realtà non incassasse molto e i costi venivano ripianati dai tanto vituperati film di Totò che invece facevano incassi stratosferici. Giusto produrre ottimi film e non adagiarsi sul facile (anche se Totò è Totò) ma sputare sul prodotto basso che ti da da sopravvivere è piuttosto vigliacchetto. Stessa sorte è toccata ai fumetti, in particolare sugli erotici, gli intrepidi e primi giapponesi. Vendevano bene ma bisognava denigrarli anche se poi lavorare per le case editrici di prestigio, quali fossero poi di prestigio negli anni settanta meriterebbe un capitolo a parte. A questo proposito per vedere chi e come veniva considerato basterebbe leggere le recensioni e/o gli articoli sui magazine che si occupavano di fumetti nel decennio. Anche noi, dopo tanta fatica per giungere a una target più “alto”, ci rendemmo conto che alla fine della fiera gli spiccioli erano pochi e quindi in ogni momento libero si facevano anche i fumetti bassi che davano un buon reddito. Un albo, tacciamo il titolo per carità di patria, fu disegnato tutto in treno durante l’andata e il ritorno da un editore illuminato. C’é da dire che a differenza del cinema non ci metti la faccia e quindi puoi nasconderti dietro all’anonimato del disegno. Fare fumetti personali poteva, forse, dare più soddisfazione ma le scocciature erano le stesse. Forse maggiori. Non è affatto vero che pubblicare in una rivista di, cosiddetto, prestigio fosse più facile godere di più libertà. Ogni proposta veniva esaminata e spesso respinta molto più facilmente che per i prodotti più bassi. Tra l’altro pagati sempre meno della metà di quanto pagassero gli editori commerciali. Oddio, paragonati a oggi che nemmeno pagano più quelli erano, almeno, pochi maledetti e subito. La vita è sempre stata dura ma almeno c’erano molti editori e si trovava sempre da lavorare. E non stiamo pensando agli ultimi della fila ma anche i supercelebrati (oggi) che tanta fatica facevano per riuscire a pubblicare 8/10 misere tavole una, max due, volte l’anno. Il primo consiglio che ci diede l’amico Raffaele, quasi 50 anni fa, dopo che noi avevamo sciorinato l’elenco degli autori che ci piacevano fu di non mirare a quel target e ci gelò dicendoci che i nomi che avevamo fatto si morivano letteralmente di fame. Viva il fumetto.